Se non ora, quando?

"Se non ora quando", considerato il primo vero romanzo di Primo Levi, racconta la storia di Mendel, partigiano ebreo e russo che, dopo aver combattuto nell'armata rossa durante la seconda guerra mondiale, scappa e si rifugia nelle foreste russe.

Qui incontra Leonid, anche lui partigiano ebreo e russo. Passano soli, ma insieme cinque mesi lottando contro la fame e il freddo. nell'inverno 1944 si uniscono a una banda di partigiani e poi ad una seconda, la banda dei gedalisti.

Nella banda di gedalisti ci sono figure bizzarre, diverse, disperate. Cristiani e ebrei, russi e polacchi che combattono fianco a fianco contro il nemico comune.

"Ognuno di loro, uomo o donne, aveva sulle spalle una storia diversa, ma rovente e pesante come il piombo fuso; ognuno avrebbe dovuto piangere cento morti se la guerra e tre inverni terribili gliene avessero lasciato il tempo e il respiro. Erano stanchi, poveri e sporchi, ma non sconfitti; figli di mercanti, sarti, rabbini e cantori, si erano armati con le armi tolte ai tedeschi, si erano conquistato il diritto ad indossare quelle uniformi lacere e senza gradi, ed avevano assaporato più volte il cibo aspro dell'uccidere".

I gedalisti diventano nel corso del tempo una famiglia, l'unica a loro rimasta. Non importa più la religione o la nazionalità o il sesso, sono tutti esseri umani sullo stesso piano: affamati, stanchi e disperati. 

Aspettano la fine della guerra a volte combattendo e a volte semplicemente al riparo.

Primo Levi ti scaraventa direttamente dentro la vicenda, a tal punto da farti percepire al tuo animo quel senso di abbandono e di smarrimento comune ai gedalisti.

In fin dei conti chi siamo noi? è questa la domanda che sorge spontanea nel corso di tutto il libro.

Noi ci meritiamo di essere qui ora e adesso? Loro in che modo avrebbero mai potuto meritarsi di vivere in quel modo?

Nel rifugio dei gedalisti la vita è ferma, non succede nulla, non c'è guerra. Ma non c'è neanche vita, neanche in quei rari momenti d'amore tra i vari personaggi.

Finisce la guerra, ma la guerra non è finita. Sono sfollati e così devono ricominciare la vita da capo.

Finisce il libro, sono a Milano in Italia "il paese dei divieti elusi e della tolleranza anarchica, dove ogni straniero viene accolto come un fratello" e arriva finalmente un istante di grande felicità, con la nascita del figlio di due gedalisti.

Si potrebbe dire tutto bene quel che finisce bene anche se non sarà mai così.

E' stata una lettura fantastica, fluida ma non semplice. Dettagliata ma senza fronzoli. Ti spinge a continuare nonostante la tragicità della situazione. Perché dal momento in cui inizi a leggere diventi un tutt'uno con la vicenda.

Un ottimo libro, non di certo felice, ma velato di comicità.

Mostra la rivincita, quella che chiunque può ottenere se davvero la vuole. Il riscatto dei partigiani su chi avrebbe voluto sterminarli.

Non si sono fatti abbattere, anche nelle situazioni peggiori si sono aggrappati alla vita, anche se della vita non era rimasto più nulla.

E' nostro dovere imparare a vivere e combattere da queste vicende e così farò io.


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